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giovedì 23 dicembre 2010

La Negatività è Innaturale

...Sempre da uno dei miei blog preferiti (http://eccocosavedo.blogspot.com/) una splendida considerazione di Raffaele Barbaro sulla manipolazione dei mass-media che instillano dentro di noi paura e dolore: una vera e propria ipnosi che, oltrechè influenzare Politica, Economia, Medicina, ecc., ci provoca anche dei grossi contraccolpi spirituali. "La paura mangia l'anima" -diceva il titolo di un bellissimo film di Fassbinder- e ci chiude alla Luce, all'Arrendevolezza e allo Sconosciuto che la Vita continuamente ci offre...Meditate, gente, meditate!


panda

"Una delle tecniche utilizzate dai media per manipolare le reazioni della società è l'uso continuo della notizia negativa. I titoli dei telegiornali e le notizie stesse che vengono date, sono piene di messaggi che ci inducono a diffidare di chiunque e a temere negozianti, operai, professori e persino i familiari. È una manovra che a lungo andare produce i suoi risultati, spingendoci a richiedere l’intervento di una forza “esterna”, se non proprio di un leader, che ci liberi da questa paura del prossimo.
Ecco che in questo modo la televisione continua a darci input di allerta continui. Quante volte i genitori rimproverano i figli di avere certe prudenze perché “Hai visto in tele quante se ne sentono”. È la dimostrazione che la televisione ci distrugge, costringendoci a vivere una vita che non appartiene all’essere umano. Noi siamo nati per amare, vivere, aiutare, abbiamo creato la musica, la pittura e le arti in genere. Se fossimo come la televisione ci descrive quotidianamente non avremmo mai ottenuto tutte queste cose. Prendete ad esempio i bambini; essi stringono amicizie più in fretta e non hanno paura di uscire per strada e giocare a pallone, se qualcuno gli offre una caramella la prima cosa che pensano è “Buona!” non “Quest’uomo vuole farmi del male”. La fiducia nel prossimo è naturale, la diffidenza no. La diffidenza è un sentimento che molte volte ci viene indotto bombardandoci continuamente con notizie di cronaca nera che sono l’eccezione ai comportamenti umani, non la regola. È proprio la frequenza con cui queste notizie ci vengono date che fanno accettare al nostro inconscio il fatto che tutti gli aerei finiscano per avere problemi al motore, che ogni automobilista sia un potenziale killer, che ogni prete sia pedofilo. Bisogna cominciare a vedere i telegiornali con giusto occhio critico. La cronaca nera non serve in un’informazione responsabile. Un telegiornale serio non racconta i dettagli di uno stupro o si prolunga nelle interviste ai parenti della vittima. Più che “cronaca nera” potremmo chiamarlo “gossip nero”. Un telegiornale professionale non fa tutto questo semplicemente perché queste notizie non sono rilevanti. Un cittadino bisognoso di un’informazione sana cerca notizie che riguardino i meccanismi che possano far riflettere su alcuni argomenti, come la politica o lo sport. Se questo cittadino poi volesse avere particolari su una determinata vicenda allora può andare lui stesso a cercarsi gli argomenti, magari su internet.
Costringere il popolo a seguire i dettagli di un omicidio o di qualche altro evento che non sia legato ai modi di fare comuni di una società, vuol dire solo costringere il popolo alla paura e all’apprensione. Una società che vuole progredire, che vuole vivere meglio, dovrebbe comportarsi come la natura umana impone. Una società che si rispetti ha fiducia nel prossimo, aiuta il prossimo, guarda lo sconosciuto come “nuovo” non come “pericoloso”. Una società che si rispetti deve avere soprattutto fiducia in se stessa."

(di RAFFAELE BARBARO)


...Vi lascio con uno breve video dal film "Serendipity": il film non è niente di più di una graziosa commedia sentimentale, ma nasconde il "segreto del Destino" che ci cerca per renderci felici...Love and light!


mercoledì 22 dicembre 2010

LA RIVOLUZIONE GENTILE

Bentornati e bentornate! Oggi posto un bell'articolo di Chiara Avesani (da "Il Fatto Quotidiano") su una nuova "politica al femminile", una politica fatta di gentilezza, determinazione e accoglienza...Tutte qualità proprie  dell' energia femminile del mondo...
:-)

Il nuovo movimento di donne raccoglie adesioni da tutta le forze di sinistra. Si propone di portare un radicale cambiamento di rappresentanza in parlamento. Partendo dall'abolizione delle liste bloccate

Dalla Puglia a tutto il territorio nazionale. Ecco come nasce la "Rete delle donne per la rivoluzione gentile". Movimento trasversale all'intera sinistra nato con lo scopo di unire tutte le donne dell'area e coinvolgere anche quelle dell'astensionismo. "Abbiamo individuato sei tematiche sulle quali stanno lavorando sei gruppi a livello nazionale, anche grazie ai contributi che arrivano sul sito", spiega Rita Saraò, coordinatrice del gruppo. I temi sono: democrazia incompiuta, lavoro e politiche sociali, ambiente, donne violenza e pratiche non violente, cultura e agenzie educative, legalità giustizia e laicità. Su questi punti si sta formando un programma per il candidato premier. Tana de Zulueta, giornalista internazionale, ex deputata dell'Ulivo, è la portavoce del gruppo "L'iniziativa - dice - è nata per mettere in atto un'esigenza di democrazia. Interessante che questa esigenza sia stata sentita trasversalmente dalle donne" 

Il movimento, nato su Facebook, si prefigge l'obiettivo di cambiare la selezione della rappresentanza e indicare un programma di governo. I temi sono: lavoro e politiche sociali, ambiente, donne violenza e pratiche non violente.
Sarà forse “gentile”, ma è sempre una rivoluzione e con la capacità di propagazione virale della Rete. E’ partita da Facebook, dopo il sostegno alle primarie in Puglia. Un grande numero di adesioni ha chiesto poi di ripetere l’esperienza a livello nazionale ed è nata la “Rete delle donne per la rivoluzione gentile”. Si rivolgono a tutta la sinistra, non solo al Pd, ma anche all’Idv, con lo scopo di unire tutte le donne dell’area e coinvolgere anche quelle dell’astensionismo.

Sono oltre quattrocento operative sul territorio e vogliono rigenerare il Paese: cambiare la selezione della rappresentanza e indicare un programma di governo. Anche quello si sta formando in Rete. “Abbiamo individuato sei tematiche sulle quali stanno lavorando sei gruppi a livello nazionale, anche grazie ai contributi che arrivano sul sito”, spiega Rita Saraò, coordinatrice del gruppo. “I temi sono:  Democrazia incompiuta, Lavoro e politiche sociali, Ambiente, Donne violenza e pratiche non violente, Cultura e agenzie educative, Legalità giustizia e laicità. Su questi punti stiamo formando un programma per il candidato premier. Supporteremo chi acquisirà nel suo, il nostro programma”. A coordinare i vari gruppi cercano nomi di personalità competenti nei settori specifici.

Tana de Zulueta, giornalista internazionale, ex deputata dell’Ulivo, è la portavoce del gruppo “Democrazia incompiuta”. La prima iniziativa è tra pochi giorni, il 15 gennaio 2011. Una raccolta firme nelle principali piazze italiane per chiedere ai partiti le primarie di collegio per la formazione delle liste, e le primarie di coalizione per scegliere il candidato premier.

“L’iniziativa è nata per mettere in atto un’esigenza di democrazia. Interessante che questa esigenza sia stata sentita trasversalmente dalle donne”, dice Tana de Zulueta. “Il sistema delle liste bloccate è impopolare, ma si può correggere con le primarie di collegio e di coalizione. Inoltre, se si impone la presenza delle donne nelle liste bloccate, queste si trasformano in un fattore di democrazia”, spiega. Il movimento chiede di usare il sistema attuale in modo democratico: con le primarie di collegio sarebbero i cittadini a formare le liste e con il sistema delle liste bloccate si possono fissare agevolmente delle quote femminili.

Sarebbe una scelta di meritocrazia? “Non sempre la democrazia è meritocrazia, ma ha le sue regole”, risponde Tana de Zulueta. “Le oligarchie nei partiti sono compatte nel rifiutare il contributo femminile, perché sanno che: ‘Per far posto a una donna bisogna che un uomo si alzi’. Nel 2003, la legge della Prestigiacomo venne affossata con entusiasmo bi-partisan. Uno spettacolo indegno alla Camera. Per avere le mani libere, venne anche richiesto il voto segreto. Il sistema delle liste bloccate, con un numero minimo di donne, invece, attua l’art. 51 della Costituzione che dice: ‘Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini’. Se oggi si stabilisse che nelle liste bloccate ci devono essere un certo numero di donne, le liste che non rispettassero questo principio sarebbero, a mio avviso, incostituzionali”.

La Rete delle donne per la rivoluzione gentile, nel rivendicare diritti femminili, propone un’idea complessiva della società nella convinzione che la soluzione dei problemi del Paese e del lavoro, passi anche attraverso l’attuazione di quei diritti.

“E’ sotto gli occhi di tutti che il problema del lavoro lo sentono prima di tutto le donne, sono state penalizzate maggiormente dalla crisi”, afferma De Zulueta. “Ma il problema riguarda soprattutto la selezione: le donne da noi investono di più nella formazione e sono meno riconosciute nel mercato del lavoro. Si sta creando una forbice, una distanza crescente tra il talento delle donne e le loro opportunità che è insostenibile per noi, ma soprattutto per il Paese. E’ un impoverimento che non possiamo consentire. Il problema del lavoro comincia lì”.

Secondo Tana de Zulueta è importante che queste esigenze sociali non siano vissute come uno specifico femminile, ma si traducano in proposte positive per la collettività. “E’ necessario spingere la discussione intorno a obiettivi comuni, che originariamente possono essere individuati dalle donne, ma che devono poi tradursi in una proposta per la società nel suo insieme. Io vedo nell’autoreferenzialità quell’errore pregresso che non ha permesso in Italia di realizzare il potenziale di democrazia che si voleva ottenere negli anni ’70. Per ottenere risultati il movimento si deve incrociare con altri movimenti d’opinione, come quello lanciato da Concita de Gregorio, o come il Popolo Viola. Dobbiamo fare massa”.

Internet, in questo, gioca un ruolo fondamentale. “La Rete ha permesso la partecipazione di persone che si sono sempre sentite estranee alla politica e la Puglia, in ciò, è stata il miglior laboratorio. La democrazia è fatta di hardware una parte rigida, cioè le istituzioni, il corpo delle leggi, i tribunali. La Rete è come un software, che permette al resto del sistema di funzionare. La Rete è quello che può consentire ad antiche istituzioni costituite nel settecento, come il Parlamento, di lavorare democraticamente anche oggi. E’ l’opportunità di impedire la fossilizzazione di queste istituzioni. Ma soprattutto la Rete è un potenziale di controllo: si dovrebbe esigere la presenza continua in aula di internet”.
(Chiara Avesani)

...E per finire l'intervista a Tana de Zulueta, giornalista internazionale di classe cristallina...


lunedì 13 dicembre 2010

SPOGLIARSI COME SAN FRANCI

...Torno ad occuparmi di San Francesco...L'occasione me la offre un' interessante nota pubblicata su Facebook ieri sera dalla mia amica attrice e regista Romina "Pilli" Cortese...Pilli affronta il tema della "resa alla vita"con un tono semiserio e con un'impronta personalissima...Enjoy!

Pilli Cortese




"SPOGLIARSI COME SAN FRANCI" (di Romina Cortese)
Vorrei sapere cosa ha spinto San Francesco d Assisi a liberarsi di tutti i suoi beni. Vocazione ? No, non mi soddisfa. 
Io voglio sapere cosa e' passato per la testa del caro Franci il giorno in cui si e tolto anche le mutande. Avra' avuto un pensiero cruciale, come dicono in inglese un "trigger", che l' ha spinto a fare la pazzia ?
No,  perche' stavo pensando di farlo anche io. Stile Fratello Sole, sorella Luna. 
Il problema, ho scoperto, e' che piu ci pensi meno accade. Forse penso le cose sbagliate,  non avendo ancora carpito il segreto  di San Franci.  
Probabilmente accade  qualcosa di inaspettato ,  che ti porta oltre . Ma quando? E soprattutto perche' volerlo fare, vi chiederete?
Per Amore per esempio. L' eterno quesito Amore versus Ricchezza Materiale.
Si puo' andare oltre e spogliarsi di ogni bene, fare tabula rasa della propria vita,  pur di vivere l' Amore? 
Ecco che scattano i commenti cliche'.....tra cui vi elenco i tre piu gettonati :
1. Meglio avere entrambe le cose  (ma testina di rapa ...se ti ho detto che devo scegliere? )
2. Non si vive di sola aria (vero...ma non posso nemmeno spalmarmi le banconote  sul corpo per farmi le coccole)
3. Bello due cuori e una capanna, ma solo se c' e' la televisione dentro (questo era il proverbio preferito di mia mamma che in effetti si e' messa la tv anche in cucina per essere piu coerente con il suo detto). 
Nessun essere umano che io conosca, ti puo' spronare a fare questa scelta con leggerezza e un sorriso sulle labbra. No,  diventano torvi e preoccupati di fronte al quesito,  come se tu stessi per annunciar loro  il tuo  suicidio. Nessun amico  ti inciterebbe a saltare da un grattacielo. 
Invece io dico che si puo'. 
Ci vuole follia. Incoerenza. Distruzione di tutti gli schemi. 
Forse  il volo sara breve e forse morirai...o forse no. 
Credo di sapere  cosa deve aver capito San Franci al momento del suo "salto": 
Non avrai paura di morire solo  il giorno in cui capirai che il peso che ti porti dentro per non aver osato,  ti ha gia privato della vita.
Mi sembra di sentire il cinguettio di un uccellino :-)


                         



...Vi lascio con "Thank You", un pezzo toccante di Alanis Morissette, che esprime giusto il bisogno di vulnerabilità e di "arresa" che è dentro di noi!


Alanis Morissette - Thank U
Caricato da lolitagirl91. - Guarda altri video musicali in HD!

domenica 12 dicembre 2010

Una rosa è una rosa, è una rosa...


  
...Uno splendido post da http://kalyx-kalyx.blogspot.com...Godetevelo!


Rose is a rose, is a rose, is a rose (Gertrude Stein)
 
"Una rosa, è una rosa, è una rosa." Scrisse Gertrude Stein nel 1913 nel suo poema Sacred Emily.
Molto spesso è stata intesa come: “Le cose sono quello che sono” ma, considerando la posizione della Stein nei confronti dell’arte e della vita, la suddetta interpretazione appare alquanto improbabile. Accanto a questo significato ne è stato attribuito un altro: "…anche il più semplice nome può dare luogo ad una serie di associazioni di immagini e di emozioni”.
L’inconscio, alla stregua dell’anima, si esprime in maniera simbolica e la psicanalisi ci ha insegnato ciò che la saggezza popolare conosceva dalla notte dei tempi e cioè che miti, fiabe e sogni hanno un linguaggio comune.
L’uomo moderno nella sua folle corsa verso forme di potere sempre più efficaci e raffinate ha guardato sempre meno alla natura simbolica della sua anima,l’inaridimento che di pari passo ne è derivato ha assunto conseguenze drammatiche sul piano umano. Complici la cosiddetta cultura che privilegia solo certe qualità dell’uomo a discapito di altre, l’educazione scolastica che ne ha smarrito il valore, la stessa psicologia che, a disagio su questo terreno sottile, preferisce concetti netti al fluttuante ed ambiguo popolo dei sogni e delle fiabe.
L’uomo moderno ha smarrito la pienezza dell’immagine nel vuoto della parola, il rapporto con l’inconscio, il contatto con l’anima, causando a se stesso e al pianeta danni gravissimi.
L’interesse che si manifesta ovunque per il sacro, il simbolo e le immagini del profondo, ci parlano di questa sofferenza e del bisogno di riconciliazione con le visioni attraverso le quali l’anima del mondo si è espressa e nelle quali l’umanità si è riconosciuta da migliaia di anni. È necessario dunque ritrovare queste immagini, presentarle nella loro forza e vitalità, collegarle le une alle altre e tutte alla cultura, per comprendere meglio la nostra storia di uomini.
Le fiabe, i miti, i sogni, l’arte, hanno da sempre avuto la funzione di aiutare l‘uomo a comprendere se stesso e il mondo circostante. Tale necessità non si è ancora esaurita; essa risulta ancora estremamente importante per l’avvenire della nostra umanità. Sebbene l’uomo abbia conquistato la luna, la nostra psiche è tuttora codificata mnemonicamente dagli stessi simboli ed archetipi dei nostri avi; i nostri corpi sono nondimeno composti dagli stessi elementi e funzioni dei corpi dei nostri più antichi predecessori.
I nostri bisogni materiali e spirituali fondamentali non sono cambiati affatto. Sebbene ci si trovi sempre più a vivere in una condizione di torpore culturale indotto dai media che ci inducono ad ingurgitare ogni sorta di pietanza.
Malgrado le comodità materiali e l’accesso globale all’istruzione, ci smarriamo nelle tenebre di un bosco come in Cappuccetto Rosso, sogniamo l’amore con la ‘A’ maiuscola come in Cenerentola, sopportiamo dolori ed ingiustizie da parte di madri matrigne come in Biancaneve e persino finiamo nella bocca della balena come in Pinocchio; ma soprattutto, come nel finale di numerose fiabe, desideriamo vivere felici e contenti.
I miti e le fiabe sono come gli antichi trattati di alchimia, offrono il modo di trasformare il piombo in oro, di rendere la propria vita un’opera di magia. Tuttavia questi vecchi trattati richiedono una traduzione.
Le fiabe ed i miti, alla stregua di questi trattati, sono scritti in un linguaggio duplice; uno corrente, di ogni giorno, l’altro simbolico. Pertanto necessitano di sottile interpretazione.
L’impresa è tutt’altro che facile, richiede maturità e creatività. Per aprirci ai significati che ci conducano oltre i nostri angusti orizzonti abbiamo bisogno anche di una certa sensibilità spirituale. La comprensione è come un sottile filo d‘oro. L’abilità di attribuire un senso al racconto è un’arte particolare. I significati inizialmente sono oscuri e incomprensibili; ma se li interpretiamo con acume e conoscenza possono riservarci piacevoli e significative sorprese.


(testo e opera Antonella Iurilli Duhamel)



...E per chiudere un fascinoso video dei Mecano... Hasta pronto!

Mecano - Una rosa è una rosa
Caricato da confidencial. - Guarda altri video musicali in HD!

Adolescenti Questi Sconosciuti ovvero TO BE PROF (parte prima)












Sono giorni che mi frullla nella testa un post sul mio lavoro di docente...Il tutto nasce dalle considerazioni  tragicomiche di cosa sia diventato il docente al giorno d'oggi, sopratttutto quello delle medie superiori, a contatto con il mondo dell'adolescenza...Dopo aver constatato che si è rotto indubitabilmente l'asse educativo scuola-famiglia (ricordo bene ancora oggi le botte dei miei quando qualcosa non andava a scuola: erano chiaramente dalla parte dei docenti e non si sarebbero mai sognati di darmi man forte!) con conseguente forte svalutazione del significato del ns. lavoro nella società, noto anche che pure sul piano nozionistico, siamo insidiati e sorpassati a destra e a manca, ovunque: un prof tradizionale cosa può contro l'ascesa di Wikipedia e del web? Qualcuno sa dirmelo? Sorvoliamo poi sull'aspetto dello stipendio, che fa scompisciare dal ridere per non piangere...Il profondo cambiamento nella famiglia con la sua erosione di valori e la sua implosione dall'interno, con il sempre minor tempo a disposizione da parte dei genitori che ormai lavorano spesso entrambi, ha inconsciamnte alzato la richiesta di attenzione (talvolta di aiuto) che i ragazzi ci fanno e ha inoltre portato a livelli impensabili solo un decennio fa, per esempio, il bisogno di sfida al mondo degli adulti (da noi rappresentato) insito nell'età dell'adolescenza ... Per questo scherzando ho concordato coi miei alunni che proverò a scrivere quanti altri stipendi dovrei percepire per i ruoli extra che svolgo! Ecco un primo elenco: 

vigile urbano / secondino / mamma / papà / psicologo / padre confessore / urologo (ma quante cavolo di volte vanno in bagno questi? Come vanno le reni, mi verrrebbe da chiedere) / dietologo/ controllore / organizzatore di eventi / agente di viaggi / teatrante / giornalista / SANTO! (c'è una pensione, anche solo minima,  per i "santi"? non sarebbe male!)  

Questi sono i primi che ho cominciato a identificare...TO BE CONTINUED!
:-)




Scherzi a parte (ma neanche troppo)...vi regalo una considerazione davvero interessante di Daniele Segreti dal blog  http://eccocosavedo.blogspot.com

"Possiamo tutti noi renderci conto, parlando con i ragazzi più giovani, che la maggior parte di essi è sostanzialmente insicura. Nella sua forma espressiva però, tale insicurezza, va a cozzare pesantemente con la loro apparente spregiudicatezza, palesata nel modo di esprimersi, vestire e socializzare. I giovanissimi spesso hanno una famiglia moderna che, in larga parte, permette loro moltissime cose. Per questo motivo, non essendo abituati a privazioni e durezze, ogni ostacolo, pare loro insormontabile.
Tale situazione di debolezza può essere causata da come vengono imposti loro i modelli dai media, ragazzi e ragazze esteticamente perfetti, ricchi, famosi e pressoché irraggiungibili. Questi termini di paragone, causano moti di sfiducia tali da sembrare inutile qualsiasi approccio consapevole e illuminato alla vita. Spesso infatti si sente dire: "se quel calciatore o quella velina guadagnano montagne di denaro senza aver mai studiato o letto un libro perché mai dovrei impegnarmi nel cercare un significato profondo delle cose?". Tale insicurezza, che possiamo interpretare come una silenziosa richiesta d’aiuto, cercano di compensarla attraverso un attaccamento morboso a pseudo-amicizie in un tourbillon di frequentazioni, anch’esse superficiali, utili solamente ad identificarsi in un’omogenea esteriorità. La bellezza è l’ossessione. Ogni difetto fisico che discosta dal modello televisivo perfetto, è visto come uno scoglio tremendo, da qui l’ampio ricorso alla chirurgia estetica, soprattutto tra le ragazze adolescenti. Illustri specialisti si chiedono il motivo della marcata diffusione di mali “oscuri” quali anoressia, bulimia e depressione, senza accorgersi che i media creano l’humus dove queste patologie proliferano. Ragionando sull’evoluzione della famiglia nel tempo, si palesa un curioso paradosso del nucleo familiare moderno: genitori più severi, che avrebbero dovuto inibire maggiormente i loro figli, crescevano persone più sicure, probabilmente perché la responsabilità della crescita adolescenziale era delegata al genitore che diventava spesso capro espiatorio nel momento in cui le aspettative venivano disattese. Oggi che la libertà per i giovanissimi è massima -anche a causa della separazione tra i genitori o perché lavorano entrambi tutto il giorno- essi si trovano senza alcuna guida, artefici del loro destino, vittime e carnefici allo stesso tempo. Noi, in qualità di adulti, siamo chiamati al difficile compito di riuscire a ricreare modelli credibili ed oggettivi che vadano pian piano a sostituire, i dannosi esempi imposti dai media. Per operare in tal senso, ognuno di noi deve formare nella sua esistenza, un percorso di crescita personale atta a rappresentare un modello per i giovanissimi con cui entriamo in contatto quotidianamente."

"Essere giovani vuol dire tenere aperto l'oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro" (Bob Dylan)

...E infine un fantastico estratto in due parti di Ken Robinson su cosa siano educazione e creatività! Voglio quest'uomo come MINISTROOOOOOOOOO!!!!!!!!!
:-)



giovedì 9 dicembre 2010

Fisica quantistica e Tao

Oggi posto un interessante articolo da www.newsfood.com. scrito dalla mia amica Valentina...Un nuovo punto di vista da cui scorgere la realtà...Godetevelo!


"Nuove scoperte che riportano ad antichi saperi"
© De Toni Valentina - 08/09/2009
 
Fisica quantistica e Tao

Alla luce delle ultime scoperte fatte nel campo della fisica quantistica, nella quale si ritiene che tutte le particelle subatomiche siano collegate tra di loro in maniera non locale e dimostrato durante gli esperimenti di Aspect nel 1982 (http://it.wikipedia.org/wiki/Alain_Aspect), posso finalmente asserire che tutti noi siamo collegati in maniera sottile da un'energia che risuona in noi eco d'altri.
E' già molto tempo oramai che si fa un largo uso del concetto di inconscio collettivo, ovvero una specie di mente emozionale ed inconscia che ci unisce tutti e che si manifesta in maniera quasi palpabile in momenti di grossa crisi.
Per fare un esempio semplice è come quando una persona triste, di malumore o nervosa entra nella stanza in cui siamo, improvvisamente lo stato d'animo di questa persona invade la stanza stessa e quando se ne andrà, avrà certamente lasciato uno strascico di umore cattivo aleggiarci attorno. Sono certa sia capitato a tutti almeno una volta.
In Centro America chiamano questo genere di persone "mala vibra" o "mala onda", proprio nel senso che questa persona emette un'onda, una vibrazione associata al negativo.
Partendo da tutti questi presupposti il passo successivo è logico quanto semplice. Infatti quanto descritto finora viene ben rappresentato e spiegato almeno da 3000 anni dalle teorie del Tao, dove il presupposto di partenza è appunto che esiste un collegamento tra tutti gli esseri viventi, e che viviamo immersi in energie/vibrazioni che condizionano e stimolano il nostro vivere.
In tutto questo non c'entra per nulla il concetto nostro di dio che è guida e padre (Osservazione che spesso mi viene rivolta arrivata a questo punto del ragionamento), in quanto la rappresentazione del classico dio monoteista è una figura che dall'alto osserva, giudica ed interviene quando lo ritiene opportuno, mentre nelle filosofie taoiste e derivate dal Taoismo, la rappresentazione riguarda più l'infinito che dio in se, infinito nel quale noi viviamo costantemente immersi in "dio", senza distinzione tra noi e lui e il resto delle cose che ci circonda che assumono allo stesso tempo valenza sacra e profana (per intenderci come si ritrova nelle antiche culture in tutto il mondo prima dell'arrivo del monoteismo: culture pre-celtiche, Greci, Indiani d'America, Aborigeni, ecc... per citare i più rinomati), dato che siamo tutti composti della stessa energia.
La differenza fondamentale tra questi 2 punti di vista riguarda l'assunzione delle responsabilità. Infatti fino a quando riterremo dio solo come una manifestazione esterna a noi stessi, avremo la comodità di dare la responsabilità dei fatti che ci accadono sempre e solo a lui....
Nella filosofia taoista invece (come appunto nella fisica quantistica), siamo noi i soli artefici e fautori del nostro destino, in quanto ad ogni azione corrisponde una reazione che dipenderà dall'intenzione e dall'energia/vibrazione che noi avremo usato (o come diceva mia nonna se semini vento raccogli tempesta).
Questo modo di vedere però causa tremende paure e rifiuti a coloro che temono di mettere in dubbio i dogmi con i quali sono cresciuti.
Le implicazioni che porta una filosofia di pensiero nella quale siamo tutti collegati e nella quale siamo responsabili delle nostre azioni non per un premio postumo e divino, ma per una crescita ed evoluzione durante la nostra vita "terrena", sono infinite; per questo ho deciso di affrontare questi argomenti per gradi, senza sbrodolare troppi concetti tutti assieme.
Spero di aver instillato nelle vostre teste almeno una domanda, una piccola curiosità, un dubbio o magari un grande no!, ma che comunque questo articolo vi abbia fatto pensare anche solo per un minuto... sarebbe già una grande soddisfazione.
Ovviamente per domande, chiarimenti e discussioni, lasciate pure i vostri commenti, non tarderò a rispondere.
De Toni Valentina


...E per finire una splendida meditazione dal mondo di Osho e dei Sufi...WE ARE ONE! 
 

martedì 7 dicembre 2010

Fatti Sapiente e Sarai Libero

...Come spesso capita, ospito volentieri l'ottimo blog "Eccocosavedo"...Oggi un post molto interessante sulla necessità della conoscenza e di una corretta informazione...


sapienza


E' facile comprendere che meno sappiamo e più è facile essere fregati. Come facciamo a difenderci da ciò che non conosciamo? Non possiamo. Da tempo immemore sono state sfruttate persone carismatiche in grado di impersonificare le necessità di alcune aree della popolazione. Questi "leader" vengono autorizzati dal popolo ad immedesimarlo.
Si è arrivati al punto che ciò che dice il leader coincide con ciò che dice un'intera porzione della popolazione, senza curarsi se questo corrisponda al vero o no; ci si affida totalmente ad una persona esterna, perché è più facile affidare a qualcuno ogni responsabilità e lasciare che sia un altro a svolgere il lavoro che dovremmo svolgere noi. Una delle cose peggiori è che questi leader possono rivolgersi al Paese dando ogni tipo di informazione, di statistica, di proposta, senza che dall'altra parte ci sia qualcuno in grado di elaborare correttamente ciò che viene detto. Oggi quasi la totalità della popolazione basa la propria cultura su ciò che altri hanno detto. Così come è facile affidarsi a questo tipo di informazione "passiva", è anche facile essere manipolati. Senza un'adeguata cultura non possiamo difenderci dalle falsità che ci vengono propinate ogni giorno. E' fondamentale informarsi, creare una propria visione delle cose senza affidarsi al "sentito dire". Esistono addirittura dei circoli in cui alcuni piccoli leader formano (o manipolano) piccoli nuclei locali di persone, in modo tale che questi possano "diffondere il verbo". Questo mi sembra il modo di operare dei virus. Acquisire informazioni valide è forse difficile, richiede un certo impegno, uno sforzo senz'altro maggiore di stare ad ascoltare qualcuno ma è ciò che può liberarci dalla condizione di schiavitù legalizzata in cui ci troviamo. Siamo stati noi a catapultarci in questa società proprio perché non ci siamo mai interessati sufficientemente a ciò che ci veniva proposto. Se vogliamo diventare i veri sovrani del nostro Paese, così come è scritto nella Costituzione, non c'è altra via di crearci una cultura .
L'intera Democrazia si basa sul voto della popolazione ma se la popolazione è manipolata, si capisce che la Democrazia diventa uno strumento in mano al più abile manipolatore delle masse. In Italia l'80% della popolazione basa la sua cultura su ciò che viene detto in TV. Va da sé che chi ha accesso al mezzo televisivo ha un potere enorme sull'opinione dell'intero Paese. Una volta lessi una frase:"fac sapias et liber eris", ossia "fatti sapiente e sarai libero".

"Fatti Sapiente e Sarai Libero" di MIRKO PALOMBA (da http://eccocosavedo.blogspot.com)

 

...E per finire vi dono le parole ispirate di Krishnamurti su cosa sìano cultura e tradizione..Enjoy!


lunedì 6 dicembre 2010

IL "RISORGIMENTO" ERA ANCHE DONNA!

..Si avvicina il 150° anniversario dell'Unità d'Italia e, mentre sugli schermi il bellissimo film sul Risorgimento di Mario Martone "Noi credevamo" sta registrando un ottimo riscontro di pubblico e di critica, io ne approfitto per omaggiare una musa misconosciuta del Risorgimento: CRISTINA TRIVULZIO DI BELGIOIOSO. Letterata, rivoluzionaria, principessa, benefattrice, spiritualista, femminista ante litteram...tante sono le definizioni che potremmo trovare per Cristina, ma tutte insufficienti per un personaggio a tutto tondo che sfugge -fortunatamente- a qualsiasi catalogazione e che si sta disvelando sempre più come una vera e propria icona dell'Ottocento...

Godetevi questa splendida breve biografia di Paolo Colussi dal sito www.storiadimilano.it


"Cristina Trivulzio di Belgioioso, la donna che visse cinque volte" 
(di Paolo Colussi)



Nata a Milano nel palazzo di piazza sant'Alessandro il 28 giugno 1808 e battezzata nella chiesa omonima con ben dodici nomi, Cristina Trivulzio era destinata ad avere, se non dodici, certamente almeno cinque vite diverse, tutte avvincenti come un romanzo.
E' difficile, tra tanta abbondanza di fatti, atteggiamenti ed idee, trovare gli aggettivi capaci di dirci in sintesi chi fu questo personaggio, troppo noto in vita ed oggi relegato in un angolino della memoria collettiva. (La via Cristina Belgioioso a Milano si trova a Roserio, dopo lo svincolo autostradale, e porta a Pero.)
Di lei si è detto tutto il bene e tutto il male possibile, quand'era in vita e anche dopo la sua morte per molti anni. In seguito, dopo un silenzio durato molti decenni, è iniziato a riaffiorare un personaggio sempre più positivo, sempre più forte, ed oggi esistono numerose sue biografie che la dipingono come un'eroina lombarda, inflessibile e tenace: la "madre di tutti i femminismi".

La Princesse ruinée

Questo è il primo personaggio che incontriamo. La piccola Cristina cresce gracile e malaticcia in una famiglia scombinata. Il padre, tutto preso dalle memoria degli antenati, muore a 32 anni quando Cristina ne ha solo quattro, lasciandola unica erede del suo ramo. La madre, una donna di buon carattere e incline a godersi la vita più allegramente possibile, si risposa subito con Alessandro Visconti d'Aragona, dal quale avrà tre figlie e un figlio. Cristina passa l'infanzia a studiare e a trastullare i fratellastri, si trova bene con il patrigno finché questi, coinvolto negli arresti dei Carbonari, pur scampando allo Spielberg, resta profondamente scosso dalla disavventura trasformandosi in una larva abulica e piagnucolosa. La madre, dal canto suo, si consola subito con un conte napoletano, allegro e buon suonatore di flauto.
A sedici anni, destinata ad un triste cugino, figlio del tutore, si ribella e sposa (24 settembre 1824) invece Emilio di Belgioioso, bello, giovane e grande conquistatore di cuori femminili. L'enorme dote di una delle più ricche ereditiere d'Italia convince subito il giovanotto, che aveva già intaccato seriamente il proprio patrimonio.
Cristina si accorge presto dello sbaglio, l'unico veramente grave della sua vita. Già soffriva di crisi epilettiche, un male che la tormenterà a fasi alterne per tutta la sua esistenza, ora si aggiunge la sifilide contratta dal marito (1826). Quando quest'ultimo, che andava in giro con la carrozza di Lord Byron - un'enorme vettura arredata con due letti - , le propone con convivere con la sua nuova amante, Cristina si ribella, lascia Milano e inizia a vivere davvero la propria vita (dicembre 1828). Da principio tutto sembra bello: lasciati alle spalle i pettegolezzi ostili dei nobili milanesi viaggia per l'Italia incontrando persone interessanti e interessate alla sua persona. E' bella, una bellezza strana che affascina e incuriosisce. I capelli neri circondano un viso ovale pallidissimo dominato da due grandi occhi che guardano fisso, senza mai battere le palpebre.
Cristina a Parigi - Ritratto di V. VidalSoggiorna a Genova, Roma (aprile-maggio 1829), Napoli e Firenze (1830). In maggio è a Ginevra. In queste città, però, frequenta anche personaggi sospetti alla ultrasospettosa polizia austriaca di Milano. Le spie austriache si interessano a lei, già "colpevole" per la bigotta burocrazia asburgica di avere abbandonato il marito. Alla fine, durante un soggiorno a Lugano (giugno-luglio 1830), manifesta aperta simpatia nei confronti del partito repubblicano vincitore delle elezioni in quella città (settembre 1830) ed è la goccia che fa traboccare il vaso. Le viene ingiunto di rientrare a Milano. Forse non ci sarebbero state sanzioni contro di lei, ma Cristina teme di venire rinchiusa in convento e scappa in Francia. Quel giorno, il 19 novembre 1830, una giovane principessa amante dei balli e delle brillanti conversazioni viene così trasformata in una eroina rivoluzionaria. Confiscati i beni, Cristina si ritrova a ricamare la bandiera per l'infelice spedizione nella Savoia organizzata dai patrioti esuli, infervorati dagli avvenimenti del marzo 1831. In Provenza conosce Augustin Thierry.
Fallita la spedizione, Cristina, che ha speso i pochi soldi che aveva portato con sè (ed ha anche firmato due pesanti cambiali) arriva in aprile a Parigi con una lettera di Thierry per François Mignet.
Il soggiorno a Parigi, dal 1831 al 1840, è un romanzo. Corteggiata da tutti, adorata dal vecchio generale Lafayette, Cristina vive una stagione eccezionale, ancora ben presente nella storia della letteratura francese. Abita da principio in rue Vignon 7 accanto alla Madeleine, scrive articoli sul “Constitutionel” e dà lezioni di disegno e pittura. Augustin Thierry - Pastello di CristinaAppena riesce a recuperare parte delle sue rendite, apre un salotto famoso in rue d’Anjou, una traversa del Foubourg St. Honoré. De Musset, Balzac, Listz, Heine, Bellini sono innamorati di lei, ciascuno a suo modo. Tutti vengono respinti con garbo e civetteria. Le simpatie si rivolgono piuttosto a personaggi più austeri, agli intellettuali e ai politici che dominano la scena del nuovo regno orleanista di Luigi Filippo, l'ultimo discendente di Valentina Visconti a sedere sul trono di Francia. Tra questi vi sono: lo storico Augustin Thierry, il politico e futuro presidente delle Repubblica francese Adolphe Thiers e infine François Mignet.
François Mignet era un giovane bellissimo, grande oratore e insigne storico. Era stato uno dei principali artefici della rivoluzione orleanista, ma aveva rinunciato subito a trarre vantaggi politici dalla sua popolarità accontentandosi del posto di direttore degli François Auguste MignetArchivi degli Affari Esteri dove poteva continuare i suoi diletti studi.
Quest'uomo molto schivo e riservato, tanto schivo verso il gentil sesso da sollevare voci su una sua presunta impotenza sessuale, diventerà prima l'amico più fedele e poi il marito segreto di Cristina. Da questo rapporto molto riservato tra i due, dopo una gravidanza semiclandestina a Versailles, il 23 dicembre 1838 nascerà una bambina: Maria.
La paternità di Mignet non sarà mai rivelata apertamente, nemmeno nel loro carteggio, resta un'ipotesi, fondata su numerosi e solidi indizi, che oggi è accettata da tutti. Ufficialmente, per ragioni dinastiche più che economiche, Maria sarà sempre figlia di Emilio di Belgioioso, che proprio in quel periodo era ospite di Cristina a Parigi.


La riformatrice sociale

La nascita di Maria segna l'inizio della seconda vita di Cristina. Il clima persecutorio della polizia austriaca si è molto attenuato dopo l'incoronazione del nuovo imperatore ed è quindi possibile il ritorno a Milano, che avviene nel luglio 1840. Cristina, però, a causa della bambina, teme ancora più di prima le maldicenze. Lo stesso Manzoni la farà mettere alla porta quando Cristina vorrà dare l'ultimo saluto alla madre morente del grande romanziere. Si stabilisce quindi a Locate, a sud di Milano, feudo dei Trivulzio da quando il grande Gian Giacomo lo aveva "comperato" dall'abbazia di Chiaravalle.
Il castello dei Trivulzio a LocateLa povertà, l'ignoranza, le malattie dei contadini di Locate mettono davanti agli occhi di Cristina una realtà molto diversa da quella dei salotti parigini. Pensava di chiudersi nella sua grande casa a studiare e a crescere la sua bambina, invece si lascia prendere interamente dai problemi dell'ambiente che la circonda e così, con l'aiuto di alcune teorie utopistiche ascoltate in Francia - saintsimoniane e fourieriste - si improvvisa riformatrice sociale.
La principessa dal fascino misterioso, civetta e "commediante" per le molte rivali francesi, diventa di colpo una lombarda dai modi pratici e decisi. Prima di tutto vanno sistemati i bambini, ed ecco un asilo che verrà giudicato in termini entusiastici da Ferrante Aporti, poi vengono le scuole, maschili e femminili, con grande scandalo dei nobili lombardi e del buon Manzoni che non capisce perché si debbano istruire i contadini. Il paese si trasforma, dapprima è diffidente, poi accoglie le innovazioni con gioia, anche perché la Signora segue attentamente ogni iniziativa e ne garantisce il buon esito.
Nel frattempo, in sintonia con i nuovi panni indossati a Locate, Cristina studia e pubblica le sue prime opere: il Saggio sulla formazione del dogma cattolico e la traduzione in francese della Opere di Gian Battista Vico, con un'ampia introduzione. Scritti entrambi in francese e pubblicati in Francia, questi libri rendono ancora più ostile nei suoi confronti l'ambiente milanese e non solo milanese. E' il colmo! Non solo questa donna dà lezioni di economia agraria e di buona amministrazione ai proprietari terrieri lombardi, ma invade addirittura il campo della filosofia e - apriti cielo! - della teologia. Nel 1843 Lehman le fa il celebre ritratto.

La rivoluzionaria

I tempi intanto stanno cambiando in fretta. L'intera Europa inizia dal 1845 a dare segni di turbolenza, e Cristina non si fa trovare impreparata. Nel febbraio del '45 rileva una rivista patriottica, la "Gazzetta italiana", in gravi difficoltà economiche e la trasforma l'anno dopo in una rivista, l'"Ausonio", sul modello della celebre "Revue des Deux Mondes". Nel 1846 scrive sotto falso nome la Storia della Lombardia con le critiche al Confalonieri che faranno molto arrabbiare i patrioti milanesi.
I patrioti italiani, negli anni che preparano il '48, sono intenti a litigare tra loro furiosamente e non fanno quindi fatica ad accanirsi anche contro una rivista diretta da una donna. Cristina tira diritto orientandosi sempre più verso una soluzione unitaria e monarchica sotto l'egida dei Savoia. Nel '47 viaggia in tutta l'Italia allacciando rapporti con i maggiori esponenti del Risorgimento: Cavour, Cesare Balbo, Nicolò Tommaseo, Giuseppe Montanelli e molti altri. Fa visita anche a Carlo Alberto.
Cristina in viaggio da Napoli a GenovaI disordini a Milano del 2 gennaio 1848 in occasione dello sciopero del tabacco la trovano a Roma. Si parla di un mandato di arresto contro di lei. Da questo momento da giornalista diventa rivoluzionaria. Gli avvenimenti del '48 e del '49 la trovano sempre in prima linea. Dopo le Cinque Giornate arriva a Milano guidando la "Divisione Belgioioso", un gruppo di circa 200 volontari da lei reclutati e trasportati in piroscafo a Genova e da lì a Milano. Nel pieno della battaglia politica muore l’amato segretario Stelzi, che verrà il seguito sepolto a Locate nello stesso cimitero dove riposerà la salma di Cristina. Le vicende del cadavere “imbalsamato” dello Stelzi, raccontate romanzescamente dal Barbiera, alimenteranno dopo la sua morte la leggenda della sua necrofilia.
La delusione per il "tradimento" di Carlo Alberto a Milano la fa avvicinare ai repubblicani ed eccola a Parigi con Carlo Cattaneo a difendere la condotta dei milanesi durante le Cinque Giornate, diffamata dagli emissari austriaci e piemontesi. Delusa dall'atteggiamento del governo francese, si unisce ai patrioti della Repubblica Romana, adoperandosi giorno e notte negli ospedali durante l'assedio della città. Ed ecco un colpo di genio: di fronte all'emergenza ed al caos degli ospedali romani, Cristina inventa le "infermiere". Fino a quel momento negli ospedali ad aiutare i medici c'erano solo i "facchini" per il trasporto dei malati, gli attuali portantini. Da buona milanese, memore delle "dame della crociera" della Ca' Granda, Cristina pensa ad un corpo di volontarie laiche dedite ad aiutare i malati, ad assisterli e a confortarli. Assolda così uno stuolo di dame, di borghesi e ... di prostitute. La presenza di queste ultime, negata da Cristina in una lettera al papa, ma da lei ammessa nel carteggio privato con l'amica Caroline Jaubert, creerà un grave scandalo quando questo carteggio verrà pubblicato a Parigi dall'amica con il permesso, più o meno tacito, dell'autrice.
L'avventura romana finisce, come è noto, molto male. Dopo essersi battuta in tutti i modi per salvaguardare i feriti e i prigionieri, Cristina deve riparare in fretta a Civitavecchia e fuggire a Malta. Da Malta, poi da Atene, e infine da Costantinopoli vengono scritte le lettere sopra ricordate che saranno in seguito pubblicate nel volume Ricordi nell'esilio, un’opera recentemente ristampata in Italia, anche se già irreperibile.

L'Oriente

Odiata dai milanesi, odiata dai patrioti per i suoi Ricordi, furibonda contro gli amici francesi colpevoli di aver appoggiato la spedizione del generale Oudinot contro la Repubblica Romana, Cristina, con la figlia e l'istitutrice inglese, lascia l'Europa.
E' amareggiata e delusa, ma tutt'altro che vinta. Inizia una nuova vita di pioniere, di reporter, di principessa. Acquista una piccola valle in Cappadocia e vi fonda una colonia agricola aperta ai profughi italiani. L'esperienza di Locate le serve per avviare programmi di riqualificazione agricola dei terreni, senza dimenticare la popolazione turca che viene assistita e curata come se fossero i suoi contadini. La vita da Signora feudale con un gruppo di profughi sbandati non troppo volonterosi si rivela però difficile e avara di soddisfazioni. Il colpo di stato del 2 dicembre 1851 che dà a Luigi Napoleone il potere assoluto in Francia la amareggia ancora di più, e così, nel gennaio 1852, inizia il viaggio in Terra Santa, un'avventura nell'avventura che nel giro di un anno condurrà la strana comitiva, mista di turchi ed europei, a visitare i posti più sperduti e selvaggi del Vicino Oriente.
Del soggiorno in Turchia e del suo viaggio attraverso l'Anatolia, la Siria, il Libano e la Palestina, Cristina parlerà in molti articoli, interessanti soprattutto per lo sguardo acuto e dissacrante con il quale vengono smontati i miti dell'Oriente esotico, fastoso ed opulento. Vengono invece messe spietatamente a nudo le miserie di una società dove mancano gli affetti famigliari, dove la sporcizia regna ovunque, dove le donne sono abbandonate all'ignoranza, alla pigrizia, alla stupidità. In questi resoconti si coglie meglio che in ogni altra pagina il suo vero credo, che era riformista e cristiano. E' ormai una donna matura quella che scrive dalla Turchia, ma ancora molto energica e coraggiosa. La prova più difficile viene subito dopo il ritorno da Gerusalemme. Un profugo bergamasco al quale era stata data una casa e un lavoro, rimproverato perché aveva malmenato l'istitutrice inglese con la quale aveva stretto una relazione, accecato dall'odio colpisce Cristina con cinque coltellate nel luglio 1853. Le ferite non sono mortali, nella confusione generale è lei stessa a dirigere i suoi soccorritori e ad istruirli su come prestarle le prime cure, ma da questa disavventura ne uscirà piuttosto male. Invecchiata, storta nella figura, debilitata, ritorna in Italia tre anni dopo, non appena il governo austriaco, di nuovo "paterno" verso i fuorusciti, le dissequestra i beni.


La madre nobile

Nel novembre 1855 è a Parigi nella casa di rue di Montparnasse 28 che aveva fatto costruire negli anni ‘40. Nel gennaio del 1856 è di nuovo a Locate (tiene un appartementino a Milano). Nel giro di pochi mesi muoiono molti dei suoi vecchi amici: Heine, Thierry, De Musset. Il rapporto con Mignet si è del tutto raffreddato. Nel novembre 1860 vende la casa di Parigi.
Cristina con la figlia, il genero e la nipotinaMuore anche Emilio di Belgioioso, sfigurato e privo di ragione per via della sifilide. Fino all'ultimo Cristina cerca di ottenere dal marito il riconoscimento della figlia, senza riuscirci. E' questa l'ultima delle sue battaglie. Maria ha ormai vent'anni, non ha ancora un nome e se non verrà riconosciuta dai Belgioioso non potrà essere riconosciuta nemmeno dalla madre. Finalmente, alla fine del 1860, il riconoscimento arriva, e Maria, appena giunta ad essere una Barbiano di Belgioioso, diventa marchesa Trotti sposando a Locate (24 gennaio 1861) un vedovo, onesto e gentile, con l'assenso pieno di Cristina che conclude così la sua difficile missione di madre. Non del tutto, però. Il primo e difficile parto di Maria farà soffrire la neo-nonna più di qualsiasi altra sua avventura. E' questa l'unica volta che, leggendo le sue lettere, la troviamo sopraffatta dal panico e dallo smarrimento. La bambina viene chiamata Cristina. Trascorrerà l’estate nella villa di Blevio.
Gli ultimi dieci anni, morirà il 5 luglio 1871 nella casa della figlia a Milano, non li trascorre a fare la calza. Fonda un giornale, l'"Italie", destinato a pubblicizzare in Europa la politica italiana, scrive saggi politici e, nel primo numero della rivista "Nuova Antologia",  su richiesta del vecchio amico Terenzio Mamiani pubblica il saggio "Della presente condizione delle donne e del loro avvenire" che si conclude con queste parole:
"Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata felicità!"
 

Opere di Cristina di Belgioioso reperibili nella biblioteche lombarde


Biografie di Cristina di Belgioioso


Archer Brombert, Brett, Cristina Belgiojoso, Milano, Dall'Oglio 1981
Barbiera, Raffaello, La principessa di Belgioioso, Milano, Treves 1894
Barbiera, Raffaello, Passioni del Risorgimento. Nuove pagine sulla Principessa Belgiojoso e il suo tempo, Milano, Treves 1903
Cazzulani, Elena, Cristina di Belgiojoso, Lodi, Lodigraf, 1982 (Brera T 82 D 230)
Gattey, Charles Neilson, Cristina di Belgiojoso [A bird of curious plumage], Firenze, Vallardi 1974 (Brera T 74 D 196)
Guicciardi, Emilio, Cristina di Belgiojoso Trivulzio cento anni dopo, Milano, "La Martinella di Milano", 1973 (Brera T 73 C 541)
Incisa, Ludovico e Trivulzio, Alberica, Cristina di Belgioioso, Milano, Rusconi 1984 (Brera Coll. It. O 519/48)
Malvezzi, Aldobrandino, La principessa Cristina di Belgioioso, Milano, Treves 1936
Petacco, Arrigo, La principessa del Nord, Milano, Rizzoli 1992 (Brera T 93 C 1426)
Santonastaso, Giuseppe, Il socialismo fourierista e Cristina di Belgiojoso, Genova-Brescia, Paideia 1963, pp. 126-137 (Brera Nuova Misc. C 121)
Severgnini, Luigi, La principessa di Belgioioso. Vita e opere, Milano, Virgilio 1972 (Brera T 72 D 121)

...Molto utile da consultare e ricco di informazioni è il recente sito www.cristinabelgiojoso.it


Nel film di Martone CRISTINA è interpretata da Francesca Inaudi prima e da Anna Bonaiuto poi...


Francesca Inaudi (Cristina giovane)

 Anna Bonaiuto (Cristina anziana)

 ...E per finire il trailer del film...

sabato 4 dicembre 2010

Salvate il soldato Assange!

ASSANGE

Il post di oggi riguarda un bellissimo articolo della splendida Barbara Spinelli da "Il Fatto Quotidiano"...
Al di là delle (già espresse) perplessità su Assange  e sulla sua organizzazione, questa storia di trasparenza e verità mi ricorda la favola di Ardersen "I vestiti nuovi dell'Imperatore". 
Ve la voglio brevemente raccontare, perchè è una favola zen sull'apparenza e sull'arroganza del potere.
La fiaba parla di un imperatore vanitoso, completamente dedito alla cura del suo aspetto esteriore, e in particolare del suo abbigliamento. Alcuni imbroglioni giunti in città spargono la voce di essere tessitori e di avere a disposizione un nuovo e formidabile tessuto, sottile, leggero e meraviglioso, con la peculiarità di risultare invisibile agli stolti e agli indegni.
I cortigiani inviati dal re non riescono a vederlo; ma per non essere giudicati male, riferiscono all'imperatore lodando la magnificenza del tessuto. L'imperatore, convinto, si fa preparare dagli imbroglioni un abito. Quando questo gli viene consegnato, però, l'imperatore si rende conto di non essere neppure lui in grado di vedere alcunché; come i suoi cortigiani prima di lui, anch'egli decide di fingere e di mostrarsi estasiato per il lavoro dei tessitori.
Col nuovo vestito sfila per le vie della città di fronte a una folla di cittadini che applaudono e lodano a gran voce l'eleganza del sovrano. L'incantesimo è spezzato da un bimbo che, sgranando gli occhi, grida: "ma non ha niente addosso!"; da qui deriva la famosa frase "IL RE E' NUDO!".



...Ebbene sì, signore e signori: IL RE E' NUDO! BASTA COI SEGRETI DI STATO...





Ed eccovi l'artiolo di Barbara...

"Io non so quale sia il reato di cui si sarebbe macchiato Julian Assange, e condivido i dubbi di molti che lo conoscono, sulle indagini riguardanti le sue peripezie sentimentali. Quello che so è che da giorni, e precisamente da quando sono cominciate le pubblicazioni di Wikileaks, mi si accampa davanti, ogni sera in Tv, la faccia di un signore che in Italia fa il ministro degli Esteri e che si agita e che dice che quell’uomo lì va catturato al più presto perché – mirabile a udirsi! – “vuol distruggere il mondo”. Non ricordo un’analoga frase usata per Bin Laden, dopo l’11 settembre 2001. Si disse che voleva distruggere l’America. Ma di abbattere il mondo, nientemeno, nessuno parlò. Quanto alla religione musulmana, i più ragionevoli seppero evitare contaminazioni, lasciando in cattiva compagnia chi sproloquiò su una civiltà inferiore (Berlusconi, 26-9-2001: “L’Occidente deve esser consapevole della superiorità della sua civiltà”). Non fosse altro perché c’è una sura del Corano (la 3: 97) che in proposito parla chiaro: Dio non si scompone davanti agli increduli, poiché “basta a se stesso e può fare a meno dei mondi”.
Nei file di Wikileaks non c’è un granché, per la verità, ma in fondo non è quello che conta e Frattini lo sa: quel che davvero conta, e che per i governanti italiani è la calamità satanica cruciale, è la rivoluzione dei media, che Wikileaks conferma e amplifica straordinariamente. È l’assalto ai Palazzi d’Inverno, che mette spavento ai falsi troni dove siedono, spesso, falsi re. Anche nell’informazione regnava, fino a ieri, l’ordine westphaliano: ogni Stato sovrano ha la sua informazione, chiusa in recinti nazionali accuratamente separati. Invece ecco che Wikileaks parla del mondo e al mondo, apre su di esso un grande occhio indagatore, sfata re che non sono re, diplomazie che sfangano senza uscire dal fango. I cabli sono spesso insipidi perché insipidi sono i regnanti cui sono riservati. E a poco servono gli sforzi in cui s’imbarca Leslie Gelb, presidente del Council of Foreign Relations, fulminato dalla scoperta, nei dispacci, di una diplomazia Usa zoppicante forse, ma che almeno sgobba per sciogliere nodi planetari; che almeno “si dà da fare”.
Anche questo ci si accampa davanti: un globale, trasversale partito del fare, che Assange non solo discredita ma insidia mortalmente. Deve essere il motivo per cui Hillary Clinton, senza accorgersi del ridicolo e fingendo un soccorso alla nostra stabilità finanziaria, ha deciso di prendere una sedia, di piazzarla a fianco di Berlusconi, e di proclamarlo “migliore amico dell’America”. Una difesa imbarazzante, d’altronde, perché il segretario di Stato esce assai malandata da questa storia, e averla accanto come intercessore è un vantaggio quantomeno relativo.

Wikileaks getta infatti sulla Clinton una luce sgradevole, oscura. Fu lei a indurre molti diplomatici, che pure fanno un mestiere nobile, a indossare una veste affatto diversa: quella della spia, che avvicina subdolamente gli interlocutori (compresi i vertici dell’Onu, compreso Ban Ki-moon) per carpire numeri di carte di credito, codici di carte Frequent Flyer, magari dettagli privati da usare un giorno come pressione o ricatto. Non è sotto accusa, qui, la classica ipocrisia del linguaggio e dell’agire diplomatico: ben venga questo vizio, che nelle ambasciate è una forma di cortesia, di pacificazione del litigio. Sotto accusa è l’attività non poco vergognosa di diplomatici degradati a sicofanti. Dicono che dappertutto si fanno cose simili: non consola.
Ma quel che i dispacci rivelano è più sostanziale: è la politica degli Stati – America in testa – e la loro frastornante impreparazione. Impreparazione all’emergere rivoluzionario della trasparenza online, iniziata molto prima che nascesse Wikileaks nel 2006: se davvero si tiene al segreto, non lo si mette in circolo come è avvenuto con i cabli, rendendoli disponibili a 3 milioni di funzionari Usa oltre che al sito del ministero della Difesa Siprnet. Si scrive top secret sui dispacci, e Wikileaks pare lo rispetti.
È colpa della politica e non dei media se i segreti escono, rovinando ragnatele diplomatiche laboriose e mettendo a rischio le fonti degli ambasciatori. Né è colpa dei dispacci se l’intera politica occidentale risulta colma di torbide contraddizioni. Contraddizioni che Wikileaks non scopre, ma conferma: a cominciare dalle complicità nella lotta anti-terrore con paesi poco raccomandabili, tra cui Arabia Saudita e Pakistan. L’Iran appare l’avversario assoluto, scrive Stephen Kinzer sul Guardian-online, “ma che ne è di Riad, di Islamabad”? Nello stesso momento in cui re Abdullah chiede all’ambasciatore Usa di “tagliare la testa al serpente” iraniano, un altro dispaccio constata: “I donatori sauditi restano i principali finanziatori di gruppi militanti sunniti come al Qaeda”. Sono scene che potrebbero figurare nel serial mozzafiato 24: ennesime sventure dell’agente Jack Bauer, alle prese con le sinistre caligini dell’Amministrazione. È questo paese della doppiezza, l’Arabia Saudita, che Washington rifornisce di armi, sempre più smisuratamente: l’ultima vendita risale al settembre scorso e ammonta a 60 miliardi di dollari, un record mai raggiunto. Lo stesso si dica del patto con Karzai, corrotto presidente afghano, e soprattutto con Islamabad, cui Washington ha donato, a partire dall’11 settembre, ben 18 miliardi di dollari. Da tempo i servizi pachistani (Isi) sostengono i talebani sottobanco.
Su tutte queste cose Assange getta una luce forte, strappa veli. Così come in Italia strappa veli sulle visite clandestine di Berlusconi in Russia: nessun giornalista lo segue, le Tv tanto prodighe di sue immagini non mostrano nulla o ce lo mostrano che s’aggira a Roma – boss attorniato da guardie del corpo: il filmato è un tormentone del Tg1 – mentre se ne sta nella dacia con Putin a fabbricare non si sa quale lucroso accordo energetico, indifferente alla solidarietà tra europei e al diritto degli italiani all’informazione. Il Tg1 ha perfino azzardato, giovedì, un paragone glorioso tra il premier ed Enrico Mattei. Frattini avrebbe detto, stando a Wikileaks: nulla so di questi connubi. Ma perché parla, se non sa?
Parla perché questa è la parola d’ordine, nell’America conservatrice e nel governo italiano: criminalizzare Assange. Sarah Palin, all’unisono con Roma, chiede che il fondatore di Wikileaks sia “abbattuto come un agente antiamericano con il sangue nelle mani”. L’ex candidato presidenziale Huckabee invoca l’esecuzione capitale per tradimento. Tutto questo perché Assange, l’informatore a valanga, è una folata di aria in stanze che mancano di ossigeno. È come Beppe Grillo, quando il 22-11-2005 elencò sull’Herald Tribune i politici condannati che sono in Parlamento. È sbagliato, forse, denudare ipocrisie e segreti delle diplomazie: la guerra all’ipocrisia ha sempre qualcosa di troppo puro. Ma di qui al terrorismo, ce ne vuole. L’immagine di Assange distruttore del pianeta è la più colossale banalizzazione del male.

Ancor peggio sarebbe infliggere 52 anni di galera a Bradley Manning, il ventitreenne analista militare accusato di aver dato a Wikileaks notizie e video sulle azioni Usa in Iraq o Afghanistan. Il bavaglio di cui si è parlato in Italia diverrebbe globale, e la condanna di Manning un crimine contro la libertà di coscienza e di parola. Sarebbe una pena non meno indecente del carcere inflitto decenni fa a Mordechai Vanunu, il tecnico nucleare israeliano che svelò al mondo, il 5 ottobre ‘86 sul Sunday Times, l’esistenza della centrale atomica di Dimona nel deserto del Negev (18 anni di carcere, di cui 11 in isolamento). Seumas Milne sul Guardian del 2 dicembre ricorda l’essenziale: mentre Manning era demonizzato, gli aviatori americani che nel 2007 uccisero quasi per gioco, in Iraq, una dozzina di civili inermi (tra cui due giornalisti della Reuters) venivano elogiati dal comando militare Usa per il loro “giudizio sensato” (sound judgement).
Manning è un whistleblower, come dicono gli americani: una persona che dall’interno di un’organizzazione ne smaschera i misfatti. Una figura da proteggere, che serve la democrazia prima delle gerarchie. Non a caso Daniel Ellsberg, il whistleblower che permise la pubblicazione nel 1971 dei Pentagon Papers sulla disastrosa guerra in Vietnam, considera Manning “un eroe”.
Può darsi che Assange sia un caotico; un torrente che la stampa scritta argina con intelligenza. La diplomazia riceve un colpo pericolosissimo: per migliorare dovrà imparare a tenere meglio i segreti, prima di prendersela con il direttore di Wikileaks. Ma di certo il mondo dell’informazione dovrebbe difenderlo con pubbliche iniziative, quali che siano i danni che ha procurato. Proprio perché è stata fatta questa equazione oscena fra il sangue e l’inchiostro, fra il terrore e l’informazione che sbugiarda i sovrani. Compresi i sovrani mondialmente deprezzati come Berlusconi.
("Wikileaks, il giornalismo deve difendere Assange" di Barbara Spinelli)

Barbara Spinelli  (Fonte: corriereal.it)